Se penso a Piccole Donne il primo ricordo che mi viene in mente sono i sabati sera di quando ero una bambina, avrò avuto circa sei anni, e amavo trascorrerli a casa di mia nonna.
Mi sembra ieri che mi accoccolavo vicino a lei sul divano color marrone, le gambe allungate sulla sedia e tra una battuta e l’altra ci lasciavamo affascinare dai film che venivano trasmessi alla televisione. Uno di questi era Piccole Donne. O meglio, il film, il nostro film era Piccole Donne.
Rammento con chiarezza il fascino con cui scrutavo quel film. Non lo capivo probabilmente, ma ero incuriosita e soprattutto ero affascinata dalle parole di quella donna settantenne al mio fianco che lo commentava e me lo spiegava esaltandone il fascino.
Questo per me è Piccole Donne e sempre lo sarà.
Un ricordo chiaro che mi ha accompagnato e mi accompagna oggi e anche nel mio domani.
Il mio contatto con questa grande opera è stato, quindi, legato a quel contesto, a quelle visioni.
Non ho mai letto il libro, ma è sul mio comodino per essere letto.
Quando mi è stato proposto di vedere il film nella versione diretta da Greta Gerwig non ho avuti dubbi.
Che dire? 135 di emozioni. Si, è banale come considerazione, ma è pura.
135 di lezioni di vita.
Percepire il messaggio, quel messaggio che Louisa May Alcott nel 1868 e nel 1869 era stata capace di condensare in due volumi. Pensieri che oggi, dopo centotrent’anni potrebbero apparire “vecchi” ed “antiquati” risultano, invece, moderni e attuali più che mai.
Piccole Donne è la storia di donne normali, che potremmo essere io, te oppure la bambina che sta sognando di diventare una musicista. Siamo tutte noi delle Piccole Donne perché questa opera, è un insieme di fotografie di vere vite e di messaggi complessi che molte volte non siamo in grado di carpire e interiorizzare perché ci limitiamo a sentirli senza ascoltarli.
Piccole Donne condensa vita perché mese emozioni ed eventi che potrebbero apparire erroneamente anacronistici.
Tutte noi siamo piccole grandi donne.