Made in Italy. Gloria e cruccio dell’Italia, di noi italiani, della nostra nomea a livello internazionale e della nostra economia.
Il nostro bel paese, nel corso degli anni, è stato in grado di affermarsi come vero esempio di artigianato di eccellenza, di “saper fare” di qualità a livello globale al punto che l’associazione Italia – Made in Italy è andata effettivamente a delinearsi come uno dei connubi più conosciuti e rinominati a livello globale.
Parliamo di made in Italy in modo forse incondizionato, ma sappiamo davvero cosa significa? A chi ci riferiamo? Di che cosa si tratta davvero? Denominiamo correttamente un marchio come “esempio” di Made in Italy?
Purtroppo, molte volte, guidati dall’associazione Italia/designer italiano e produzione italiana ci porta, quasi inconsapevolmente, ad attribuire questa pregevole etichetta “Made in Italy” a brand italiani senza però aver piena conoscenza se del luogo di produzione dell’idea creativa, del prodotto, della provenienza delle materie prime e della manodopera specializzata.
Spesso i grandi brand, la cui avventura imprenditoriale è iniziata nel nostro paese, sono identificati come il simbolo del made in Italy… Dal punto di vista pratico è davvero così?!
La risposta è negativa e molte volte non lo sappiamo o non ce ne rendiamo conto.
Il vero Made in Italy non deve, quindi, essere la mera e sola identificazione del prodotto o brand frutto del pensiero e dello stile italiano, della realizzazione del disegno, ma deve prevedere anche la vera e propria concretizzazione pratica e l’origine effettiva del prodotto.
Tale operatività non riguarda tutti i marchi che associamo – inconsciamente – al Made in Italy. Questa situazione di discrasia poggia sul fatto che oggi il fashion system, i suoi costi – in termini di manodopera e materia prima – portano a rendere insostenibili le spese all’interno territorio italiano e guidano (a volte obbligano) i brand a esternalizzare le fasi produttive (e magari anche l’acquisto e la provenienza del materiale) ai fini di ridurne i costi per ottenere un guadagno.
Possiamo considerare questo come un vero Made in Italy?!
Sulla base di tale dinamica emerge come in tali condizioni il Made in Italy rimane quindi connesso alla sola definizione del pensiero del prodotto e della sua forma divenendo una sorta di etichetta molte volte applica – purtroppo – in modo improprio.
C’è però chi ce l’ha fatta e crede profondamente nel Made in Italy. Lei è Grazia, una fashion designer di carattere che ha deciso con grinta e determinazione di creare un suo disegno imprenditoriale chiaro, focalizzato sul Made in Italy, radicato sul territorio e volto a valorizzare l’artigianalità e la qualità della manodopera specializzata congiuntamente al materiale usato.
Grazia e la sia azienda – Grazia Made in Italy – rientra nel quadro di quelle piccole medie imprese che ha vissuto sulla pelle la crisi finanziaria, ma che ha differenza di altri imprenditori ha scelto di non arrendersi, di rimanere radicata con forza al suo territorio forte del suo “credo” e della sua visione. La difficile congiuntura ha, quindi, rappresentato per la creativa una vera sfida e uno stimolo che l’ha portata a migliorare e potenziare continuamente il proprio brand al fine di renderlo un pieno e concreto esempio di Made in Italy di grande qualità nel mondo.
Grazia ha voluto, infatti, proseguire nello studio del prodotto, del materiale, della qualità così da poter delineare un accessorio unico, dotato di un valore differenziale rilevate in termini di caratteristiche che di heritage propria.
Grazia si vuole fare ed è una vera ambasciatrice dell’italianità nel mondo. Le sue borse, realizzate a mano, nel cuore dell’Italia, con pellami selezionati accuratamente, sono la mera personificazione del saper fare artigiano e di una mission che va ben oltre il prodotto.