La moda è sempre stata una parte importante della vita culturale italiana.
Sin dall’ XI secolo, lo sviluppo dei Comuni ha portato a cambiamenti sociali e politici che hanno avuto le loro ripercussioni anche nel settore della moda, in quanto mercanti e artigiani svolgevano un ruolo significativo. Poi, lentamente, il desiderio di ben apparire abbandonò i castelli e le corti e raggiunse una più ampia cerchia di persone così che gli artigiani cominciarono a produrre manufatti, che mostrati a fiere e mercati diventarono l’oggetto del desiderio da parte di molti.
In Italia si può, quindi, parlare di moda a partire dal XIII secolo come del risultato del commercio di oggetti pensati e prodotti per mostrare il gusto, il privilegio sociale e la ricchezza di chi li possedeva e li indossava.
Durante il XIII secolo, nuove classi sociali, portatrici di una nuova mentalità, usarono la moda al fine di minare le basi di una società dove i ruoli erano prestabiliti sulla base dell’appartenenza ad una determinata classe sociale.
Come reazione a questo sviluppo, le autorità secolari cercarono di mantenere lo status quo, promulgando leggi suntuarie finalizzate ad obbligare la popolazione a mantenere un abito acconcio alla classe di provenienza.
Lo sviluppo di un mercato dei beni di lusso andava mano nella mano con l’emergere di nuovi ricchi, desiderosi di mostrare la loro abbondanza di mezzi con bei vestiti e accessori.
Questa evoluzione fu accompagnata dalla manifattura italiana che traeva la sua forza da una solida tradizione artigiana, risalente al Medioevo. Possiamo affermare che la “spina dorsale” della manifattura medievale era il settore tessile.