Innamorarsi del bello.
Ecco quello che succede quando ci si scontra con le grandi opere, i quadri degli artisti che hanno fatto la storia dell’arte italiana, o meglio internazionale.
Che dire dell’Annunciazione, il grande capolavoro di Filippino Lippi?
Ho avuto l’opportunità di vederla in occasione dell’appuntamento natalizio con l’arte organizzato presso Palazzo Marino. Un contesto culturalmente di grande importanza in cui vengono esposti, per un prezioso periodo limitato dei quadri selezionati dei più rilevanti pittori italiano.
Il capolavoro di Filippino Lippi, l’Annunciazione, è data dall’unione di due grandi tondi che rappresentano, rispettivamente, “L’Angelo annunziante”, l’altro “L’annunziata”.
È stata la prima volta che ho potuto ammirare questa opera. Lo ammetto, sono stata “rapita” da una grande emozione. Personalmente provo un particolare apprezzamento per tutte le opere del rinascimento italiano in quanto si distinguono per colori, tratti e capacità espressiva quasi indescrivibile.
Parlare di quest’opera in modo meticoloso la sminuirebbe, o meglio, la renderebbe banale.
È per questo che vorrei parlare di questo momento d’arte, della mia esperienza dell’Annunciazione di Lippi, attraverso le vibrazioni che ho provato e che ho palpato dal processo di osservazione degli occhi altri.
Una stanza grande e scura. Poche luci. Tutte puntate, focalizzate sui due tondi posti sulle pareti distanziate. Una illuminazione focalizzata totalmente sui due tondi la cui intensità era scandita dalle parole della guida.
Silenzio di rispetto e di ammirazione. Un pubblico maturo attento i cui occhi seguivano le parole della giovane che presentava in modo oggettivo le caratteristiche tecniche dell’opera evidenziandone influssi e sviluppi culturali.
Lippi con questi due tondi è stato in grado di creare un processo di sguardi e dialoghi che passano dall’angelo alla Madonna per mezzo dei raggi che donano luminosità. Paesaggi e contesti prospettici distinguono i tondi mostrando l’intensità della trasposizione temporale ed emozionale che contraddistingue la fisicità e umanità della Madonna, da una parte, e l’effimera leggerezza e la trasposizione spirituale propria dell’angelo annunziante.
Avrei ascoltato la voce della guida per ore. Scoprire l’arte è il modo per amarla oltre le emozioni che questa, da sola, è direttamente in grado di regalare.
Conservati nella Pinacoteca civica di San Gimignano, i due grandi tondi – “L’Angelo annunziante” e “L’annunziata” – vennero realizzati tra il 1483 e il 1484, quando Filippino, allievo di Sandro Botticelli, aveva 26 anni ed era già impegnato in importanti committenze tra cui la Cappella Brancacci a Firenze. Sei anni dopo, nel 1490, i Priori e i Capitani di San Gimignano vollero dotare i dipinti di due preziose cornici, intagliate, dipinte e dorate, eseguite da un anonimo artigiano, forse locale. Il soggetto dell’Annunciazione era molto importante per la città di San Gimignano, dove, come a Firenze, la celebrazione della Santissima Annunziata, il 25 marzo, rappresentava il primo giorno dell’anno secondo il calendario fiorentino. La mostra è curata da Alessandro Cecchi, uno dei maggiori studiosi dell’arte toscana tra Quattro e Cinquecento, e sarà presentata nella Sala Alessi di Palazzo Marino con un allestimento dedicato, un ampio apparato didattico e la proiezione di un video. Il tondo con l’Angelo annunziante presenta l’Angelo inginocchiato su un pavimento in prospettiva centrale, mentre il tondo con l’Annunziata appare più arioso e luminoso grazie alla luce riflessa in diagonale. Le cornici in legno intagliato, dipinto, dorato e argentato furono realizzate sei anni più tardi probabilmente da Antonio da Colle, attivo a San Gimignano nella seconda metà del Quattrocento.
Mostra Patrocinata dal MiBACT e promossa dal Comune di Milano e Intesa Sanpaolo, con il sostegno di Rinascente
Esposizione coordinata da Palazzo Reale – Realizzata con la Pinacoteca Civica di San Gimignano, con il supporto del Comune di San Gimignano, con le Gallerie d’Italia di piazza della Scala